Ancora su signorotti, vassalli e cloud

Lo scorso articolo, Se la sicurezza la garantisce il signorotto, ha iniziato un interessante dibattito, in particolare sul gruppo LinkedIn Italian Security Professonial (gruppo che consiglio a tutti gli addetti ai lavori perché ci sono sempre contenuti e discussioni molto interessanti).

In ogni caso vorrei chiarire qualche altro punto emerso dall’analisi che avevo fatto, continuando a leggere quello che hanno scritto Schneier e Morozov.

Sicuramente la filter bubble di un motore di ricerca fa subito storcere il naso, e contribuisce ad inquadrare il problema in tutta la sua gravità. Se non altro perché è una cosa che impatta immediatamente sulla nostra vita, visto che cerchiamo le cose su Google diverse volte al giorno.

Però il discorso, in particolare quello di Schneier è un po’ più ampio, e riguarda anche i servizi che i vari signorotti erogano “gratis”. Spesso sottovalutati, o usati marginalmente, sono poi in realtà il modo più forte che i provider hanno per applicare le loro regole ai loro clienti, sia come funzionalità che, soprattutto, come rischi di perdite di dati, lock-in e tutto quanto il resto.

Quindi i servizi cloud sono da evitare come la peste? Direi di no, come in tutte le cose c’è sempre un lato positivo, o in questo caso utile. Basta ovviamente ragionare e avere consapevolezza di dove si vanno a mettere i propri dati.

Continua infatti Bruce:

Feudalism is good for the individual, for small startups, and for medium-sized businesses that can’t afford to hire their own in-house or specialized expertise. Being a vassal has its advantages, after all.

Ed ha ragione. Non dimentichiamo che la forza di tante piccole startup, o aziende che tentano di aggredire nuovi settori di mercato, è proprio quella di azzerare (o quasi) i costi dei servizi IT. Perché con un abbonamento light o addirittura free a Google Apps, Salesforce, Dropbox o similari, si hanno comunque servizi efficienti, disponibili ovunque e, soprattutto, rapidi.

La rapidità di risposta e di azione è infatti la chiave del successo per una startup, e i servizi cloud possono supportarla in maniera eccellente. Se n’è accorto anche Forbes, che l’anno scorso nell’articolo How Cloud Computing is Fueling the Next Startup Boom scrive:

There was a time when launching a serious startup required serious capital. Seed money was required for hiring talent, marketing and promotion, office space, and for technology to make it all happen. The technology portion of the equation is suddenly diminishing, dramatically. Thanks to cloud computing and social networking resources, it now costs virtually pennies to secure and get the infrastructure needed up and running to get a new venture off the ground.

Ecco, questo è il punto di forza dei signorotti. E mi sembra chiaro che alla fine i conti non possono che essere a loro vantaggio, proprio perché gestire gli stessi servizi in proprio è fuori dal budget di una startup. Senza contare che oltre a soldi, un’infrastruttura IT in grado di supportare una grossa azienda è lenta nell’adeguarsi ai cambiamenti di mercato, spesso dipende da tante diverse componenti aziendali in contrasto tra loro e per questo non sempre è di ausilio al business, anzi…

Ovvio che, tornando al tema principale, non tutto è rose e fiori. Scheier dice appunto che:

Yet feudal security isn’t without its risks.

E i rischi sono proprio quelli che vanno considerati per primi e come quelli più importanti, perché visto che non c’è trattativa col signorotto, lui fa come vuole per “proteggere” i propri vassalli, anche contro la loro volontà.

Schneier infatti cita il caso in cui Amazon ha segato l’account Kindle di un cliente per un problema di residenza, o la brutta storia di come Matt Honan fu colpito da cybercriminali che hanno proprio sfruttato le vulnerabilità incrociate dei vari signorotti.

‬The very four digits that Amazon considers unimportant enough to display in the clear on the Web are precisely the same ones that Apple considers secure enough to perform identity verification.‪

Proprio come il sistema feudale, l’unico proprietario di tutto (prima erano le nostre vite, ora sono i nostri dati) è il signorotto. Che agisce ovviamente nel suo unico interesse, a maggior ragione perché ora queste sono entità commerciali, quindi lo scopo non è tanto allargarsi su quello o quel terreno per arrivare alla corona.

Lo scopo che loro hanno è far soldi.

E magari se gli serve possono anche venderli, i loro vassalli. Bruce cita un paio di casi ma io mi rifaccio ad un bell’articolo di Matteo Flora, Non usate Google se siete una ONG, in cui fa due osservazioni non di poco conto:

  • Google collabora nel 95% dei casi con le autorità americane, ma solo nel 60% con quelle italiane
  • Se avete le vostre mail su Google sappiate che la tutela italiana (con ordine di un magistrato) non conta nulla e che potreste essere sottoposti a controllo senza che nemmeno lo sappiate

Ecco queste sono cose da sapere, prima di affidarsi alle amorevoli cure del signorotto. Sono discorsi molto complessi, lo ammetto, però sono necessari a coltivare una consapevolezza nell’uso degli strumenti (chiamiamoli cloud, web2.0 o come volete).

Perché si fa presto a fare un bel filmato di marketing e mostrare come è facile usare questo o quel servizio, solo che dopo possono insorgere insidie inaspettate, sulle quali la vostra ragione non verrà quasi mai considerata valida.

Molte cose non si possono conoscere a priori certo, Morozov da come improbabile la pubblicazione di certi metodi di filtraggio o di certi algoritmi, ma si augura che vengano almeno mostrati ai chi è incaricato di arbitrare la situazione:

Silicon Valley wouldn’t have to disclose its proprietary algorithms, only share them with the auditors. A drastic measure? Perhaps. But it’s one that is proportional to the growing clout technology companies have in reshaping not only our economy but also our culture.

Mentre la chiosa finale di Schneier è un po’ più drastica, soprattutto sul ruolo di controllo e bilanciamento delle forze che dovrebbero avere i governi in questo campo (che poi però sono i primi a cui fa comodo una corsia preferenziale di controllo sui contenuti ospitati dai signorotti):

But these days, government has largely abdicated its role in cyberspace, and the result is a return to the feudal relationships of yore.

Schneier conclude ripetendo che la sicurezza è un trade-off. Chi lavora in questo settore lo sa da sempre, come sa che non esiste un sistema 100% sicuro. Ed è per questo che molte aziende non firmano contratti con provider di questo tipo a cuor leggero, preferendo magari sistemi sviluppati in casa, sui cui si ha il pieno controllo. Anche a costo di sacrificare soldi e velocità nel seguire i flussi di business.

Questione di scelte certo. Ma fare una scelta presuppone avere gli strumenti, le conoscenze e la consapevolezza di farle.

Non tutti ce l’hanno, soprattutto in questi tempi in cui tutto è a disposizione “gratis”.

Io penso comunque che si sta sviluppando una consapevolezza di questo tipo, un awareness rispetto a chi ci offre qualcosa facendoci vedere solo quanto è bella e armata la cittadella fortificata, quanto sono organizzate le guardie e quanto è ricco il mercato dentro. Senza dirci però che, una volta dentro, non possiamo più uscire.

In fondo una parte di questa consapevolezza di come stanno le cose, buona o cattiva che sia, si chiama hacktivistm.

Bye!

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